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      Piace a tutti in modo straordinario; e quando lascerà questi luoghi, son sicuro, che porterà seco il cuore di tutti. Rendo infinite grazie a Vostra Altezza, a nome di tutta la città, pel favore che ci ha compartito (201)". In una lettera alla stessa marchesa, in data dei 15 marzo, dice: "Io parlo con Vostra Altezza, come ho parlato questa mattina col reverendo padre fra Bernardino, cui ho aperto tutto il mio cuore, e tutta l'anima mia, come l'avrei aperta a Gesù Cristo, al quale sono persuaso, ch'egli è accetto, e caro. Non ho mai avuto il piacere di parlare ad un uomo più santo di lui. Avrei dovuto andare a Padova, tanto per un'affare che mi ha tenuto occupato un anno intero, quanto per distogliermi dalle [132] applicazioni, in cui sono incessantemente immerso per questo mio benedetto cardinalato (202); ma non aveva affatto voglia di privarmi dell'occasione di ascoltare le di lui eccellenti, edificanti, e sante prediche"(203); E ai 14 aprile, scrive: "Il nostro Bernardino, che d'ora in avanti desidero chiamar mio, come Vostra Altezza lo chiama suo, qui è adorato: non v'è alcuno d'ambo i sessi che non l'innalzi alle stelle. Che piacere! che delizia! che gioja ci ha egli procurata! Ma mi riserbo di farne più esteso elogio verbale, quando avrò l'onore di presentare i miei omaggi a Vostra Altezza; intanto prego il Signore, che lo conservi in vita, per onore e gloria sua, e profitto nostro, giacchè le fatiche che dura, pottrebbero abbreviare sì belli giorni (204)". La lettera seguente, diretta dal cardinale al curato della chiesa degli Apostoli, descrive anche meglio l'infinita considerazione in cui Ochino era tenuto a Venezia: "Vi prego di supplicare, e obbligare il B. P. fra Bernardino di mangiar carne, non già per piacere, e vantaggio del suo corpo, per cui egli è indifferente, ma per conforto delle anime nostre, affinchè possa predicare il Vangelo in lode del santo nostro Salvatore; imperocchè non potrà continuare in tanta fatica, nè sopportarla [133] per tutta la Quaresima, se non lascia i cibi magri, che per solito recano danno al suo petto (205)".


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Istoria del progresso e dell'estinzione della Riforma in Italia nel secolo sedicesimo
di Thomas MacCrie
Tipogr. Lavagnino Genova
1858 pagine 449

   





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