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      Paleario avea riso di un ricco prete, che si vedeva ogni mattina in ginocchio innanzi la reliquia di un santo, mentre si ricusava di pagare i suoi debiti (225). "Cotta sostiene (dice in una delle sue lettere), che se io vivrò ancora, non resterà nella città orma di religione. Perchè? perchè, essendomi stato un giorno domandato quale fosse il primo principio, su cui gli uomini debbono fondare la loro salvazione, io risposi: Cristo. Interrogato quale fosse il secondo, risposi: Cristo. E interrogato quale fosse il terzo, risposi: Cristo" (226).
      Ma Paleario urtò terribilmente il partito avverso con un libro, che scrisse sul benefizio della morte di Cristo (227), di cui dà il seguente [147] ragguaglio nella sua apologia pronunciata avanti al senato di Siena. "Vi sono taluni così molesti, così critici, così stravaganti, che sentono rincrescimento ancora quando si dà lode, e gloria all'autore e al Dio della nostra salvazione. Cristo, il re di tutte le nazioni, e de' popoli. Ciò che in quest'anno istesso ho scritto in italiano per dimostrare quai grandi beneficj risultano al genere umano della morte di Gesù Cristo, ha servito di fondamento ad un'accusa criminale a mio carico. È egli mai possibile di concepire, o proferire una cosa più vergognosa? Io ho detto, che siccome Gesù Cristo, in cui risiede la divinità, ha versato il suo prezioso sangue per la nostra salvazione con tanto amore, noi non dobbiamo dubitare della buona volontà di Dio, e possiamo prometterci la più grande tranquillità, e pace.


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Istoria del progresso e dell'estinzione della Riforma in Italia nel secolo sedicesimo
di Thomas MacCrie
Tipogr. Lavagnino Genova
1858 pagine 449

   





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