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      Dopo due anni da questa sua riconciliazione, ricusò la carica onorevole di segretario del concilio di Trento; "perchè (dice il Pallavicini) favoriva le nuove opinioni e non voleva impiegar la sua penna in favore di un'assemblea, che, come n'era persuaso le avrebbe condannate" (304). Peraltro il cardinale soggiunge, ch'egli fu indotto a confessare susseguentemente i suoi errori per amicizia del cardinal Pole. e che morì da buon cattolico. Ma non v'è prova che ritrattasse mai i suoi primi sentimenti, nè in alcuno de' suoi scritti anteriori o posteriori, s'incontra alcun cenno di purgatorio, di preghiere per i morti o ai santi, pellegrinaggi, penitenze, o altro di quei volontari esercizi, tanto inculcati da tutti i devoti seguaci della Chiesa di Roma; s'incontrano bensì dappertutto indizi della più calda pietà, della morale più pura, fondata sui principii della Scrittura e comandata dallo spirito evangelico. Sappiamo che la corte di Roma, dopo che arrivò [198] a conoscere il pericolo, che le sovrastava, si delle tutta la cura possibile per adoperare la penna de' dotti nella sua difesa contro i riformatori (305). Se i consiglieri, cui Flaminio prestò orecchio negl'ultimi anni della sua vita, avessero potuto indurlo a scrivere qualche cosa di questo genere, sarebbe stata annunziata con trionfo; ma fu una bastevole vittoria per essi il poter tenere fra i loro ceppi un tal uomo e pubblicare la sola lettera sull'eucaristia, che fu scritta sette anni prima che morisse, come se quella fosse stata l'ultima professione di fede, e una prova, che non si era allontanato dalla Chiesa cattolica romana.


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Istoria del progresso e dell'estinzione della Riforma in Italia nel secolo sedicesimo
di Thomas MacCrie
Tipogr. Lavagnino Genova
1858 pagine 449

   





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