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      Non c'immaginiamo però, che questa scusa sia limitata ad un'età, o ad una specie di uomini: un'attenta osservazione sulla condotta del genere umano porterà, io temo, l'umiliante conclusione, che la maggior parte inclusivamente a quelli, che presumono di possedere una pietà, ed un'intelligenza superiore, non sono che troppo capaci, ogniqualvolta debba farsi un sacrificio, o soffrirsi una pena, di allontanarsi dal retto sentiero del dovere, che il loro imparziale giudizio aveva saputo ravvisare, e di agire colla massima, che sebbene ricoperta cogli speciosi nomi di espediente, prudenza, e necessità, si riduce [211] a questa, se si vuole esprimere con chiaro linguaggio: "Facciamo il male, acciochè venga il bene".
      La narrazione precedente abbastanza dimostra, che se le opinioni riformate non avevano in Italia messo profonda radice, erano almeno largamente propagate. Il numero di coloro, che per un motivo, o per l'altro desideravano la riforma, e che sarebbero stati pronti a qualunque tentativo di introdurla, che prometesse un felice risultato, era così grande, che se un potente principe qualunque, si fosse messo alla loro testa, o se la corte di Roma fosse stata colpevole allora d'una aggressione ai diritti politici dei limitrofi sovrani, come lo fu di poi, l'Italia avrebbe potuto seguire l'esempio della Germania; città e stati protestanti sarebbero sorti al sud delle Alpi come erano al nord (322). La possibilità di questo allarmò i papisti, e li colmò di apprensione. Sadoleti si lagna in una lettera al nipote del papa Paolo III, che gli orecchi di Sua Santità erano tanto preoccupati dalle false relazioni dei cortigiani, che non si accorgeva, che "quasi tutti appostatavano, ed erano inclinati ad esecrare l'autorità ecclesiastica"(323). Il cardinal Caraffa fa sapere allo stesso papa, che "tutta l'Italia era infetta dell'eresia di Lutero, la quale era stata abbracciata, non solo dagli uomini di stato ma ancora da moltissimi ecclesiastici"(324). [212]


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Istoria del progresso e dell'estinzione della Riforma in Italia nel secolo sedicesimo
di Thomas MacCrie
Tipogr. Lavagnino Genova
1858 pagine 449

   





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