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      Sicchè il cristiano deve stare sempre sopra di sè, temendo sempre di non commettere cosa indegna [488] dei figliuoli di Dio, e sempre di confidare in Dio indulgentissimo padre, il quale lo considera non per quello ch'egli è in se stesso, ma per quello ch'egli è in Cristo il cristiano è giusto e santo, perchè la incorporazione in Cristo lo fa partecipe di tutti i meriti di Cristo. Se voi leggerete il prefato libretto assiduamente, e con attenzione, e con desiderio di mettere in pratica ciò ch'egli insegna, io tengo per fermo, che vel troverete utilissimo, come lo trovano tutti coloro, che lo leggono con queste circostanze, massimamente essendo voi avvertito del vero che io vi ho detto. A' xxviij di febbraio 1542.
     
     
     
      NOTE DEL TRADUTTORE.
      (A).
     
      Gabriele Rossetti insigne poeta, professore di lingua e letteratura italiana nel collegio reale di Londra, nel suo Comento analitico sulla Divina Commedia di Dante Alighieri, stampato a Londra nel 1827, prova fino all'evidenza, che quell'uomo immortale non parla del regno de' morti, ma di quello de' vivi, e che facendo un impasto di mitologia, e di apocalisse, in cui era versatissimo, in Dio ha adombrato l'imperatore, in Lucifero o Satanasso il papa, oppressore della libertà italiana; che vita significa ghibellinismo, morte papismo, ecc.; ch'egli ha inteso dire di non essere disceso nell'Inferno con Virgilio, ma solo di esser [489] rimasto a far politiche, e morali considerazioni sulla terra viziosa, ch'ei chiama Inferno; non un inferno di morti, ove finge di essere andato, ma un mero simbolo di questo nostro inferno di vivi, come dice nella lettera dedicatoria a Can Grande: Poeta agit de Inferno isto, in quo, peregrinando ut viatores, mœreri et dœmereri possumus, e non quello ubi non est redemptio.


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Istoria del progresso e dell'estinzione della Riforma in Italia nel secolo sedicesimo
di Thomas MacCrie
Tipogr. Lavagnino Genova
1858 pagine 449

   





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