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      Questa riflessione mi faceva temere che essendo per gli imperscrutabili divini giudizii tolto alla santa sede il dominio temporale, la Provvidenza, intenta sempre alla conservazione della sua Chiesa, andasse preparando quei cambiamenti di stati e di governi, che rendessero un'altra volta possibile e senza gravi inconvenienti, che il papa, benchè [503] suddito, reggesse e governasse l'intero gregge dei fedeli.
      Mi confermava questo timore il pensiero, che dai tristo; e doloroso avvenimento della cessazione della sovranità de' papi, poteva il Signore cavarne altri, e non leggieri vantaggi per la sua Chiesa; pensava che la perdita del dominio temporale, e della maggior parte de' beni ecclesiastici avrebbe fatta cessare, o infievolire almeno quella gelosia, e quel maltalento, che si ha ora dappertutto contro la corte romana, e contro il clero; che i papi sgravati dal pesante incarico del principato temporale, che pur troppo li obbliga a sacrificare una gran parte del tempo così prezioso in negozj secolareschi, avrebbero potuto rivolgere tutti i loro pensieri, e tutte le loro cure al governo spirituale della Chiesa; che mancando alla Chiesa romana il lustro e la pompa dell'onorificenza, e l'incentivo de' beni temporali, sarebbero entrati nel suo clero quelli soltanto, che bonum opus desiderant e non avrebbero dovuto in avvenire i papi avere, nella scelta de' loro ministri, e consiglieri, tanti riguardi allo splendor de' natali agl'impegni de' potenti, alle raccomandazioni, e nomine de' sovrani, per cui può dirsi spesso delle promozioni romane: Multiplicasti gentem; sed non magnificasti lætitiam; che finalmente nelle consultazioni per gli affari ecclesiastici, tra i motivi che si presenterebbero per prendere, o per rigettare una risoluzione, non avrebbe avuto più luogo quello del [504] timore di perdere lo stato temporale, motivo, che messo sulle bilance, poteva farle traboccare da una banda di una soverchia pusillanime condescendenza.


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Istoria del progresso e dell'estinzione della Riforma in Italia nel secolo sedicesimo
di Thomas MacCrie
Tipogr. Lavagnino Genova
1858 pagine 449

   





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