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      Dico, pertanto, che quegli popoli, o regni, che istimeranno più la cavalleria che la fanteria, sempre fieno deboli ed esposti a ogni rovina, come si è veduta l'Italia ne' tempi nostri; la quale è stata predata, rovinata e corsa da' forestieri, non per altro peccato che per avere tenuta poca cura della milizia di piè, ed essersi ridotti i soldati suoi tutti a cavallo. Debbesi bene avere de' cavagli, ma per secondo e non per primo fondamento dello esercito suo; perché, a fare scoperte, a correre e guastare il paese nimico, a tenere tribolato e infestato l'esercito di quello e in sull'armi sempre, a impedirgli le vettovaglie, sono necessarii e utilissimi; ma, quanto alle giornate e alle zuffe campali che sono la importanza della guerra e il fine a che si ordinano gli eserciti, sono più utili a seguire il nimico, rotto ch'egli è, che a fare alcuna altra cosa che in quelle si operi, e sono alla virtù del peditato assai inferiori.
      COSIMO E' mi occororno due dubitazioni; l'una, che io so che i Parti non operavano in guerra altro che i cavagli, e pure si divisono il mondo con i Romani; l'altra, che io vorrei che voi mi dicessi come la cavalleria puote essere sostenuta da' fanti, e donde nasca la virtù di questi e la debolezza di quella.
      FABRIZIO O io vi ho detto, o io vi ho voluto dire, come il ragionamento mio delle cose della guerra non ha a passare i termini d'Europa. Quando così sia, io non vi sono obligato a rendere ragione di quello che si è costumato in Asia. Pure io v'ho a dire questo: che la milizia de' Parti era al tutto contraria a quella de' Romani, perché i Parti militavano tutti a cavallo e, nel combattere, procedevano confusi e rotti ed era uno modo di combattere instabile e pieno di incertitudine.


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Dell'arte della guerra
di Niccolò Machiavelli
pagine 221

   





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