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      Niuna cosa fece tanto onore a' Romani nella guerra di Annibale quanto la costanza loro, perché in qualunque più nimica e avversa fortuna mai non domandorono pace, mai fecero alcun segno di timore; anzi, quando Annibale era allo intorno di Roma, si venderono quegli campi dove egli aveva posti i suoi alloggiamenti, più pregio che per l'ordinario per altri tempi venduti non si sarebbono; e stettero in tanto ostinati nelle imprese loro, che, per difendere Roma, non vollero levare le offese da Capua, la quale, in quel medesimo tempo che Roma era assediata, i Romani assediavano. Io so che io vi ho detto di molte cose le quali per voi medesimi avete potuto intendere e considerare; nondimeno l'ho fatto, come oggi ancora vi dissi, per potervi mostrare, mediante quelle, meglio la qualità di questo esercizio e ancora per sodisfare a quegli, se alcuno ce ne fusse, che non avessero avuta quella commodità di intenderle che voi. Né mi pare che ci resti altro a dirvi che alcune regole generali, le quali voi averete familiarissime; che sono queste:
      Quello che giova al nimico nuoce a te, e quel che giova a te nuoce al nimico.
      Colui che sarà nella guerra più vigilante a osservare i disegni del nimico e più durerà fatica ad esercitare il suo esercito, in minori pericoli incorrerà e più potrà sperare della vittoria.
      Non condurre mai a giornata i tuoi soldati, se prima non hai confermato l'animo loro e conosciutogli sanza paura e ordinati, né mai ne farai pruova, se non quando vedi ch'egli sperano di vincere.


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Dell'arte della guerra
di Niccolò Machiavelli
pagine 221

   





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