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      Non essendo, adunque, stata la Chiesa potente da potere occupare la Italia, né avendo permesso che un altro la occupi, è stata cagione che la non è potuta venire sotto uno capo; ma è stata sotto più principi e signori, da' quali è nata tanta disunione e tanta debolezza, che la si è condotta a essere stata preda, non solamente de' barbari potenti, ma di qualunque l'assalta. Di che noi altri Italiani abbiamo obbligo con la Chiesa, e non con altri. E chi ne volesse per esperienza certa vedere più pronta la verità, bisognerebbe che fusse di tanta potenza che mandasse ad abitare la corte romana, con l'autorità che l'ha in Italia, in le terre de' Svizzeri; i quali oggi sono, solo, popoli che vivono, e quanto alla religione e quanto agli ordini militari, secondo gli antichi: e vedrebbe che in poco tempo farebbero più disordine in quella provincia i rei costumi di quella corte, che qualunque altro accidente che in qualunque tempo vi potesse surgere.
     
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      Come i Romani si servivono
      della religione per riordinare la città
      e seguire le loro imprese e fermare
      i tumulti.
     
     
      Ei non mi pare fuora di proposito addurre alcuno esemplo dove i Romani si servivono della religione per riordinare la città, e per seguire le imprese loro; e quantunque in Tito Livio ne siano molti, nondimeno voglio essere contento a questi. Avendo creato il Popolo romano i Tribuni di potestà consolare, e, fuora che uno, tutti plebei; ed essendo occorso, quello anno, peste e fame, e venuto certi prodigi, usorono questa occasione i Nobili nella nuova creazione de' Tribuni, dicendo che gl'Iddii erano adirati per avere Roma male usato la maiestà del suo imperio, e che non era altro rimedio a placare gl'Iddii che ridurre la elezione de' Tribuni nel luogo suo: di che nacque che la plebe, sbigottita da questa religione, creò i Tribuni tutti nobili.


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Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio
di Niccolò Machiavelli
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