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      Quali modi debbe usare uno principe
      o una republica per fuggire questo vizio
      della ingratitudine; e quali quel capitano
      o quel cittadino per non essere oppresso
      da quella.
     
     
      Uno principe, per fuggire questa necessità di avere a vivere con sospetto, o essere ingrato, debbe personalmente andare nelle espedizioni, come facevono nel principio quegli imperadori romani, come fa ne' tempi nostri il Turco, e come hanno fatto e fanno quegli che sono virtuosi. Perché, vincendo, la gloria e lo acquisto è tutto loro, e quando ei non vi sono, sendo la gloria d'altrui, non par loro potere usare quello acquisto, se non spengano in altrui quella gloria che loro non hanno saputo guadagnarsi; e diventono ingrati ed ingiusti: e sanza dubbio è maggiore la loro perdita che il guadagno. Ma quando, o per negligenza o per poca prudenza, e' si rimangono a casa oziosi, e mandano uno capitano; io non ho che precetto dare loro, altro che quello che per loro medesimi si sanno. Ma dico bene a quel capitano, giudicando io che non possa fuggire i morsi della ingratitudine, che facci una delle due cose: o subito dopo la vittoria lasci lo esercito, e rimettasi nelle mani del suo principe, guardandosi da ogni atto insolente o ambizioso, acciocché quello, spogliato d'ogni sospetto, abbia cagione o di premiarlo o di non lo offendere; o, quando questo non gli paia di fare, prenda animosamente la parte contraria, e tenga tutti quelli modi per li quali creda che quello acquisto sia suo proprio e non del principe suo, faccendosi benivoli i soldati ed i sudditi; e facci nuove amicizie co' vicini, occupi con li suoi uomini le fortezze, corrompa i principi del suo esercito, e di quelli che non può corrompere si assicuri; e per questi modi cerchi di punire il suo signore di quella ingratitudine che esso gli userebbe.


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Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio
di Niccolò Machiavelli
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Turco