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      Da questo nacque il morbo che partorì la contenzione della legge agraria, che infine fu causa della distruzione della Republica. E perché le republiche bene ordinate hanno a tenere ricco il publico e gli loro cittadini, poveri, convenne che fusse nella città di Roma difetto in questa legge: la quale o non fusse fatta nel principio in modo che la non si avesse ogni dì a ritrattare, o che si differisse tanto in farla, che fosse scandoloso il riguardarsi indietro o, sendo ordinata bene da prima, era stata poi dall'uso corrotta, talché in qualunque modo si fusse, mai non si parlò di questa legge in Roma, che quella città non andasse sottosopra.
      Aveva questa legge due capi principali. Per l'uno si disponeva che non si potesse possedere per alcuno cittadino più che tanti iugeri di terra; per l'altro, che i campi di che si privavano i nimici, si dividessono intra il popolo romano. Veniva pertanto a fare di dua sorte offese ai nobili: perché quegli che possedevano più beni non permetteva la legge (quali erano la maggiore parte de' nobili), ne avevano a essere privi, e dividendosi intra la plebe i beni de' nimici, si toglieva a quegli la via dello arricchire. Sicché, venendo a essere queste offese contro a uomini potenti, e, che pareva loro, contrastandola, difendere il publico, qualunque volta, come è detto, si ricordava, andava sottosopra tutta quella città: e i nobili con pazienza ed industria la temporeggiavano o con trarre fuora uno esercito o che a quel Tribuno che la proponeva si opponesse un altro Tribuno, o talvolta cederne parte, ovvero mandare una colonia in quel luogo che si avesse a distribuire: come intervenne del contado di Anzio, per il quale surgendo questa disputa della legge, si mandò in quel luogo una colonia, tratta di Roma, alla quale si consegnasse detto contado.


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Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio
di Niccolò Machiavelli
pagine 427

   





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