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      nostri tempi, come egli hanno abbandonati tutti gli altri ordini, e della antica disciplina non ne osservano parte alcuna, così hanno abbandonata questa parte, la quale non è di poca importanza: perché chi si ordina di potersi rifare nelle giornate tre volte, ha ad avere tre volte inimica la fortuna a volere perdere, ed ha ad avere per iscontro una virtù che sia atta tre volte a vincerlo. Ma chi non sta se non in sul primo urto, come stanno oggi tutti gli eserciti cristiani, può facilmente perdere; perché ogni disordine, ogni mezzana virtù gli può tôrre la vittoria. Quello che fa agli eserciti nostri mancare di potersi rifare tre volte, è lo avere perduto il modo di ricevere l'una stiera nell'altra. Il che nasce perché al presente s'ordinano le giornate con uno di questi due disordini: o ei mettono le loro stiere a spalle l'una dell'altra, e fanno la loro battaglia, larga per traverso, e sottile per diritto; il che la fa più debole, per avere poco dal petto alle stiene. E quando pure, per farla più forte, ei riducano le stiere per il verso de' Romani, se la prima fronte è rotta, non avendo ordine di essere ricevuta dalla seconda, s'ingarbugliano insieme tutte, e rompano sé medesime: perché, se quella dinanzi è spinta, ella urta la seconda; se la seconda si vuole fare innanzi, ella è impedita dalla prima: donde che, urtando la prima la seconda, e la seconda la terza, ne nasce tanta confusione, che spesso un minimo accidente rovina uno esercito. Gli eserciti spagnuoli e franciosi nella zuffa di Ravenna, dove morì monsignor de Fois capitano delle genti di Francia (la quale fu, secondo i nostri tempi, assai bene combattuta giornata), s'ordinarono con l'uno de' soprascritti modi; cioè che l'uno e l'altro esercito venne con tutte le sue genti ordinate a spalle: in modo che non venivano avere né l'uno né l'altro se non una fronte, ed erano assai più per il traverso che per il diritto.


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Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio
di Niccolò Machiavelli
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