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      Sopra che, rispondendo, dico come e' si fa guerra o per difendersi o per offendere; donde si ha prima a esaminare a quale di questi due modi di guerra le faccino più utile o più danno. E benché sia che dire da ogni parte, nondimeno io credo che sanza comparazione faccino più danno a chi si difende, che a chi offende. La ragione che io ne dico è, che quel che si difende, o egli è dentro a una terra, o egli è in su i campi dentro a uno steccato. S'egli è dentro a una terra, o questa terra è piccola, come sono la maggior parte delle fortezze, o la è grande: nel primo caso, chi si difende è al tutto perduto, perché l'impeto delle artiglierie è tale che non truova muro, ancoraché grossissimo, che in pochi giorni ei non abbatta; e se chi è dentro non ha buoni spazi da ritirarsi e con fossi e con ripari, si perde; né può sostenere l'impeto del nimico che volessi dipoi entrare per la rottura del muro, né a questo gli giova artiglieria che avessi: perché questa è una massima, che dove gli uomini in frotta e con impeto possono andare, le artiglierie non gli sostengono. Però i furori oltramontani nella difesa delle terre non sono sostenuti: son bene sostenuti gli assalti italiani, i quali, non in frotta ma spicciolati, si conducano alle battaglie, le quali loro, per nome molto proprio, chiamano scaramucce. E questi che vanno con questo disordine e questa freddezza a una rottura d'un muro dove siano artiglierie, vanno a una manifesta morte, e contro a loro le artiglierie vagliano: ma quegli che in frotta condensati, e che l'uno spinge l'altro, vengono a una rottura, se non sono sostenuti o da fossi o da ripari, entrono in ogni luogo, e le artiglierie non gli tengono; e, se ne muore qualcuno, non possono essere tanti che gl'impedischino la vittoria.


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Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio
di Niccolò Machiavelli
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