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      Ha questa opinione certe ragioni che discosto paiono vere, ma sono al tutto aliene dalla verità. Perché, rade volte accade che il vincitore perda assai suoi soldati: perché de' vincitori ne muore nella zuffa, non nella fuga; e nello ardore del combattere, quando gli uomini hanno volto il viso l'uno all'altro, ne cade pochi, massime perché la dura poco tempo, il più delle volte; e quando pure durasse assai tempo e de' vincitori ne morisse assai, è tanta la riputazione che si tira dietro la vittoria, ed il terrore che la porta seco, che di lungi avanza il danno che per la morte de' suoi soldati avesse sopportato. Talché, se uno esercito il quale, in su la opinione che fusse debilitato, andasse a trovarlo, si troverrebbe ingannato; se già, e' non fusse lo esercito tale che d'ogni tempo, e innanzi alla vittoria e poi, potesse combatterlo. In questo caso ei potrebbe, secondo la sua fortuna e virtù, vincere e perdere; ma quello che si fusse azzuffato prima, ed avesse vinto, arebbe più tosto vantaggio dall'altro. Il che si conosce certo per la isperienza de' Latini, e per la fallacia che Numizio pretore prese, e per il danno che ne riportarono quegli popoli che gli crederono: il quale, vinto che i Romani ebbero i Latini, gridava per tutto il paese di Lazio, che allora era tempo assaltare i Romani debilitati per la zuffa avevano fatta con loro; e che solo appresso a' Romani era rimaso il nome della vittoria, ma tutti gli altri danni avevano sopportati come se fussino stati vinti; e che ogni poco di forza che di nuovo gli assaltasse, era per spacciargli.


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Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio
di Niccolò Machiavelli
pagine 427

   





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