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      Guidubaldo duca di Urbino, figliuolo di Federigo, che fu ne' suoi tempi tanto stimato capitano, sendo cacciato da Cesare Borgia, figliuolo di papa Alessandro VI, dello stato; come dipoi, per uno accidente nato, vi ritornò, fece rovinare tutte le fortezze che erano in quella provincia, giudicandole dannose. Perché, sendo quello amato dagli uomini, per rispetto di loro non le voleva; e, per conto de' nimici, vedeva non le potere difendere, avendo quelle bisogno d'uno esercito in campagna, che le difendesse: talché si volse a rovinarle. Papa Iulio, cacciati i Bentivogli di Bologna fece in quella città una fortezza; e dipoi faceva assassinare quel popolo da uno suo governatore: talché quel popolo si ribellò; e subito perdé la fortezza; e così non gli giovò la fortezza; e l'offese, intanto che, portandosi altrimenti, gli arebbe giovato. Niccolò da Castello, padre de' Vitelli, tornato nella sua patria donde era esule, subito disfece due fortezze vi aveva edificate papa Sisto IV, giudicando, non la fortezza, ma la benivolenza del popolo lo avesse a tenere in quello stato. Ma di tutti gli altri esempli il più fresco ed il più notabile in ogni parte ed atto a mostrare la inutilità dello edificarle e l'utilità del disfarle, è quello di Genova, seguito ne' prossimi tempi. Ciascuno sa come, nel 1507, Genova si ribellò da Luigi XII re di Francia, il quale venne personalmente e con tutte le forze sue a riacquistarla; e ricuperata che la ebbe, fece una fortezza, fortissima di tutte le altre delle quali al presente si avesse notizia: perché era, per sito e per ogni altra circunstanza, inespugnabile, posta in su una punta di colle che si estende nel mare, chiamato da' Genovesi Codefà; e, per questo, batteva tutto il porto e gran parte della città di Genova.


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Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio
di Niccolò Machiavelli
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