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      E così, chi considererà tutto quello ho detto, conoscerà i Romani, come savi in ogni altro loro ordine, così furono prudenti in questo giudizio de' Latini e de' Privernati; dove, non pensando a fortezze, con più virtuosi modi e più savi se ne assicurarono.
     
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      Che lo assaltare una città disunita,
      per occuparla mediante la sua disunione,
      è partito contrario.
     
     
      Era tanta disunione nella Republica romana intra la Plebe e la Nobilità, che i Veienti, insieme con gli Etrusci, mediante tale disunione, pensarono potere estinguere il nome romano. Ed avendo fatto esercito, e corso sopra i campi di Roma, mandò il Senato, loro contro, Gaio Manilio e Marco Fabio; i quali avendo condotto il loro esercito propinquo allo esercito de' Veienti, non cessavano i Veienti, e con assalti e con obbrobri, offendere e vituperare il nome romano: e fu tanta la loro temerità ed insolenzia, che i Romani, di disuniti diventarono uniti; e venendo alla zuffa, gli ruppano e vinsono. Vedesi pertanto, quanto gli uomini s'ingannano, come di sopra discorremo, nel pigliare de' partiti; e come molte volte credono guadagnare una cosa, e la perdono. Credettono i Veienti, assaltando i Romani disuniti, vincergli; e quello assalto fu cagione della unione di quegli, e della rovina loro. Perché la cagione della disunione delle republiche il più delle volte è l'ozio e la pace; la cagione della unione è la paura e la guerra. E però, se i Veienti fussono stati savi, eglino arebbero, quanto più disunita vedevon Roma, tanto più tenuta da loro la guerra discosto, e con l'arti della pace cerco di oppressargli.


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Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio
di Niccolò Machiavelli
pagine 427

   





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