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      Ei non mi è parso da lasciare indietro il ragionare delle congiure, essendo cosa tanto pericolosa ai principi ed ai privati; perché si vede per quelle molti più principi avere perduta la vita e lo stato, che per guerra aperta. Perché il poter fare aperta guerra ad uno principe, è conceduto a pochi: il poterli congiurare contro, è concesso a ciascuno. Dall'altra parte, gli uomini privati non entrano in impresa più pericolosa né più temeraria di questa; perché la è difficile e pericolosissima in ogni sua parte. Donde ne nasce che molte se ne tentino, e pochissime hanno il fine desiderato. Acciocché, adunque, i principi imparino a guardarsi da questi pericoli, e che i privati più timidamente vi si mettino, anzi imparino ad essere contenti a vivere sotto quello imperio che dalla sorte è stato loro proposto; io ne parlerò diffusamente, non lasciando indietro alcuno caso notabile in documento dell'uno e dell'altro. E veramente, quella sentenzia di Cornelio Tacito è aurea, che dice: che gli uomini hanno ad onorare le cose passate e ad ubbidire alle presenti; e debbono desiderare i buoni principi, e, comunque ei si sieno fatti, tollerargli. E veramente, chi fa altrimenti, il più delle volte rovina sé e la sua patria.
      Dobbiamo adunque, entrando nella materia, considerare prima contro a chi si fanno le congiure; e troverreno farsi o contro alla patria, o contro ad uno principe: delle quali due voglio che al presente ragioniamo; perché, di quelle che si fanno per dare una terra a' nimici che la assediano, o che abbino, per qualunque cagione, similitudine con questa, se n'è parlato di sopra a sufficienza.


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Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio
di Niccolò Machiavelli
pagine 427

   





Cornelio Tacito