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      I pericoli che si portano, come io dissi di sopra, nelle congiure, sono grandi, portandosi per tutti i tempi; perché in tali casi si corre pericolo nel maneggiarli, nello esequirli, ed esequiti che sono. Quegli che congiurano, o ei sono uno, o ei sono più. Uno, non si può dire che sia congiura, ma è una ferma disposizione nata in uno uomo di ammazzare il principe. Questo solo, de' tre pericoli che si corrono nelle congiure, manca del primo; perché, innanzi alla esecuzione non porta alcuno pericolo, non avendo altri il suo secreto, né portando pericolo che torni il disegno suo all'orecchio del principe. Questa deliberazione così fatta può cadere in qualunque uomo, di qualunque sorte, grande, piccolo, nobile, ignobile, familiare e non familiare al principe; perché ad ognuno è lecito qualche volta parlarli; ed a chi è lecito parlare, è lecito sfogare l'animo suo. Pausania, del quale altre volte si è parlato, ammazzò Filippo di Macedonia che andava al tempio, con mille armati d'intorno, ed in mezzo intra il figliuolo ed il genero. Ma costui fu nobile e cognito al principe. Uno spagnuolo, povero ed abietto, dette una coltellata in su el collo al re Ferrando, re di Spagna: non fu la ferita mortale, ma per questo si vide che colui ebbe animo e commodità a farlo. Uno dervis, sacerdote turchesco, trasse d'una scimitarra a Baisit, padre del presente Turco: non lo ferì, ma ebbe pure animo e commodità a volerlo fare. Di questi animi fatti così, se ne truova, credo, assai che lo vorrebbono fare, perché nel volere non è pena né pericolo alcuno; ma pochi che lo facciano: ma di quelli che lo fanno, pochissimi o nessuno che non siano ammazzati in sul fatto; però non si truova chi voglia andare ad una certa morte.


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Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio
di Niccolò Machiavelli
pagine 427

   





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