Pagina (322/427)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Esequite che le sono, ancora non portano altri periculi che si porti la natura del principato in sé: perché divenuto che uno è tiranno, ha i suoi naturali ed ordinari pericoli che gli arreca la tirannide, alli quali non ha altri rimedi che si siano di sopra discorsi.
      Questo è quanto mi è occorso scrivere delle congiure; e se io ho ragionato di quelle che si fanno con il ferro, e non col veneno, nasce che le hanno tutte uno medesimo ordine. Vero è che quelle del veneno sono più pericolose, per essere più incerte, perché non si ha commodità per ognuno; e bisogna conferirlo con chi la ha, e questa necessità del conferire ti fa pericolo. Dipoi, per molte cagioni, uno beveraggio di veleno non può essere mortale: come intervenne a quelli che ammazzarono Commodo, che, avendo quello ributtato il veleno che gli avevano dato, furono forzati a strangolarlo, se vollono che morisse. Non hanno, pertanto, i principi il maggiore nimico che la congiura: perché, fatta che è una congiura loro contro, o la gli ammazza, o la gli infama. Perché, se la riesce, e' muoiono; se la si scuopre, e loro ammazzino i congiurati, si crede sempre che la sia stata invenzione di quel principe, per isfogare l'avarizia e la crudeltà sua contro al sangue e la roba di quegli che egli ha morti. Non voglio però mancare di avvertire quel principe o quella republica contro a chi fosse congiurato, che abbino avvertenza, quando una congiura si manifesta loro, innanzi che facciano impresa di vendicarla, cercare ed intendere molto bene la qualità di essa, e misurino bene le condizioni de' congiurati e le loro; e quando la truovino grossa e potente, non la scuoprino mai, infino a tanto che si siano preparati con forze sufficienti ad opprimerla: altrimenti facendo, scoprirebbono la loro rovina.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio
di Niccolò Machiavelli
pagine 427

   





Commodo