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      E che questo sia vero, lo mostra Tito Livio quando e' narra che, portando i Legati romani il dono della preda de' Veienti ad Apolline, furono presi da' corsali di Lipari in Sicilia, e condotti in quella terra: ed inteso Timasiteo, loro principe, che dono era questo, dove gli andava e chi lo mandava, si portò, quantunque nato a Lipari, come uomo romano, e mostrò al popolo quanto era impio occupare simile dono; tanto che, con il consenso dello universale, ne lasciò andare i Legati con tutte le cose loro. E le parole dello istorico sono queste: «Timasitheus multitudinem religione implevit, quae semper regenti est similis». E Lorenzo de' Medici, a confermazione di questa sentenza, dice:
     
      E quel che fa 'l signor, fanno poi molti;
      Che nel signor son tutti gli occhi volti.

     
     
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      A uno cittadino
      che voglia nella sua republica
      fare di sua autorità alcuna opera buona,
      è necessario, prima, spegnere l'invidia:
      e come, vedendo il nimico,
      si ha a ordinare la difesa d'una città.
     
     
      Intendendo il Senato romano come la Toscana tutta aveva fatto nuovo deletto per venire a' danni di Roma; e come i Latini e gli Ernici, stati per lo addietro amici del Popolo romano, si erano accostati con i Volsci, perpetui inimici di Roma; giudicò questa guerra dovere essere pericolosa. E trovandosi Cammillo tribuno di potestà consolare, pensò che si potesse fare sanza creare il Dittatore, quando gli altri Tribuni suoi collegi volessono cedergli la somma dello imperio.


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Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio
di Niccolò Machiavelli
pagine 427

   





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