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      Le quali cose, osservate bene, sono cagione grande che lo esercito confida, e confidando vince. Usavano i Romani di fare pigliare agli eserciti loro questa confidenza per via di religione: donde nasceva, che con gli augurii ed auspicii creavano i Consoli, facevano il deletto, partivano con gli eserciti, e venivano alla giornata. E sanza avere fatto alcuna di queste cose, non mai arebbe uno buono capitano e savio tentata alcuna fazione, giudicando di averla potuta perdere facilmente, s'e' suoi soldati non avessoro prima intesi gli Dii essere da parte loro. E quando alcuno Consolo, o altro loro capitano, avesse combattuto, contro agli auspicii, lo arebbero punito; come ei punirono Claudio Pulcro. E benché questa parte in tutte le istorie romane si conosca, nondimeno si pruova più certo per le parole che Livio usa nella bocca di Appio Claudio; il quale, dolendosi col popolo della insolenzia de' Tribuni della plebe, e mostrando che, mediante quelli, gli auspicii e le altre cose pertinenti alla religione si corrompevano, dice così: «Eludant nunc licet religiones. Quid enim interest, si pulli non pascentur, si ex cavea tardius exiverint, si occinuerit avis? Parva sunt haec; sed parva ista non contemnendo, maiores nostri maximam hanc rempublicam fecerunt». Perché in queste cose piccole è quella forza di tenere uniti e confidenti i soldati: la quale cosa è prima cagione d'ogni vittoria. Nonpertanto, conviene con queste cose sia accompagnata la virtù: altrimenti, le non vagliano. I Prenestini, avendo contro ai Romani fuori el loro esercito, se n'andarono ad alloggiare in sul fiume d'Allia, il luogo dove i Romani furono vinti da i Franciosi; il che fecero per mettere fiducia ne' loro soldati, e sbigottire i Romani per la fortuna del luogo.


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Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio
di Niccolò Machiavelli
pagine 427

   





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