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      Se le piccole battaglie
      innanzi alla giornata sono necessarie;
      e come si debbe fare a conoscere
      uno inimico nuovo,
      volendo fuggire quelle.
     
     
      E' pare che nelle azioni degli uomini, come altra volta abbiamo discorso, si truovi, oltre alle altre difficultà, nel volere condurre la cosa alla sua perfezione, che sempre propinquo al bene sia qualche male, il quale con quel bene sì facilmente nasca che pare impossibile potere mancare dell'uno, volendo l'altro. E questo si vede in tutte le cose che gli uomini operano. E però si acquista il bene con difficultà, se dalla fortuna tu non se' aiutato in modo, che ella con la sua forza vinca questo ordinario e naturale inconveniente. Di questo mi ha fatto ricordare la zuffa di Manlio e del Francioso, dove Tito Livio dice: «Tanti ea dimicatio ad universi belli eventum momenti fuit, ut Gallorum exercitus, relictis trepide Castris, in Tiburtem agrum mox in Campaniam transierit». Perché io considero, dall'uno canto, che uno buono capitano debbe fuggire, al tutto, di operare alcuna cosa, che, essendo di poco momento, possa fare cattivi effetti nel suo esercito: perché cominciare una zuffa dove non si operino tutte le forze e vi si arrischi tutta la fortuna, è cosa al tutto temeraria; come io dissi di sopra, quando io dannai il guardare de' passi.
      Dall'altra parte, io considero come i capitani savi, quando vengono allo incontro d'uno nuovo nimico, e ch'e' sia riputato, ei sono necessitati, prima che venghino alla giornata, fare provare, con leggieri zuffe, ai loro soldati, tali nimici; acciocché, cominciandogli a conoscere e maneggiare, perdino quel terrore che la fama e la riputazione aveva dato loro.


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Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio
di Niccolò Machiavelli
pagine 427

   





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