Pagina (417/427)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Il che nasce perché, essendo quelle operate dagli uomini, che hanno ed ebbono sempre le medesime passioni, conviene di necessità che le sortischino il medesimo effetto. Vero è, che le sono le opere loro ora in questa provincia più virtuose che in quella, ed in quella più che in questa, secondo la forma della educazione nella quale quegli popoli hanno preso il modo del vivere loro. Fa ancora facilità il conoscere le cose future per le passate; vedere una nazione lungo tempo tenere i medesimi costumi, essendo o continovamente avara, o continovamente fraudolente, o avere alcuno altro simile vizio o virtù. E chi leggerà le cose passate della nostra città di Firenze, e considererà quelle ancora che sono ne' prossimi tempi occorse, troverrà i popoli tedeschi e franciosi pieni di avarizia, di superbia, di ferocità e d'infidelità; perché tutte queste quattro cose in diversi tempi hanno offeso molto la nostra città. E quanto alla poca fede, ognuno sa quante volte si dette danari a re Carlo VIII, ed elli prometteva rendere le fortezze di Pisa, e non mai le rendé. In che quel re mostrò la poca fede, e l'assai avarizia sua. Ma lasciamo andare queste cose fresche. Ciascuno può avere inteso quello che seguì nella guerra che fece il popolo fiorentino contro a' Visconti duchi di Milano; ed essendo Firenze privo degli altri ispedienti, pensò di condurre lo imperadore in Italia, il quale con la riputazione e forze sue assaltasse la Lombardia. Promisse lo imperadore venire con assai genti, e fare quella guerra contro a' Visconti, e difendere Firenze dalla potenza loro, quando i Fiorentini gli dessono centomila ducati per levarsi, e centomila poi ch'ei fosse in Italia.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio
di Niccolò Machiavelli
pagine 427

   





Firenze Carlo VIII Pisa Visconti Milano Firenze Italia Lombardia Visconti Firenze Fiorentini Italia