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      E perché e' risponderebbe che molte, tratte di Lombardia, o trovate da sé, o tratte dal latino....
      Ma perché io voglio parlare un poco con Dante, per fuggire «egli disse» ed «io risposi», noterò gl'interlocutori davanti.
      N. Quali traesti tu di Lombardia?
      D. Questa:
     
      In co del ponte presso a Benevento;
     
      e quest'altra:
     
      Con voi nasceva e s'ascondeva vosco.
     
      N. Quali traesti tu dai Latini?
      D. Questi, e molti altri:
     
      Transumanar significar per verba.
     
      N. Quali trovasti da te?
      D. Questi:
     
      S'io m'intuassi come tu ti immii.
     
      Li quali vocaboli, mescolati tutti con li toscani, fanno una terza lingua.
      N. Sta bene. Ma dimmi: in questa tua opera come vi sono di questi vocaboli o forestieri o trovati da te o latini?
      D. Nelle prime due Cantiche ve ne sono pochi, ma nell'ultima assai, massime dedotti da' latini, perché le dottrine varie di che io ragiono, mi costringono a pigliare vocaboli atti a poterle esprimere; e non si potendo se non con termini latini, io gli usavo, ma li deducevo in modo, con le desinenze, ch'io gli facevo diventare simili alla lingua del resto dell'opera.
      N. Che lingua è quella dell'opera?
      D. Curiale.
      N. Che vuol dir curiale?
      D. Vuol dire una lingua parlata dagli uomini di corte, del papa, del duca i quali, per essere uomini litterati, parlono meglio che non si parla nelle terre particulari d'Italia.
      N. Tu dirai le bugie. Dimmi un poco: che vuol dire, in quella lingua curiale, morse?
      D. Vuol dire morì.
      N. In fiorentino, che vuol dire?
      D. Vuol dire strignere uno con i denti.


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Discorso o dialogo intorno alla nostra lingua
di Niccolò Machiavelli
pagine 17

   





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