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      Il che fu da quella accettato; e ordinò una coppa di vino avvelenato, la quale di sua mano porse ad Elmelchilde, che assetato usciva del bagno. Il quale, come la ebbe beuta mezza, sentendosi commuovere le interiori, e accorgendosi di quello che era, sforzò Rosismunda a bere il resto; e così, in poche ore, l'uno e l'altro di loro morirono, e Longino si privò di speranza di diventare re. I Longobardi intanto, ragunatisi in Pavia, la quale avevano fatta principale sedia del loro regno, feciono Clefi loro re; il quale riedificò Imola, stata rovinata da Narsete, occupò Rimino e, infino a Roma, quasi ogni luogo; ma nel corso delle sue vittorie morì. Questo Clefi fu in modo crudele, non solo contro agli esterni, ma ancora contro ai suoi Longobardi, che quegli, sbigottiti della potestà regia, non vollono rifare più re; ma feciono intra loro trenta duchi, che governassero gli altri. Il quale consiglio fu cagione che i Longobardi non occupassero mai tutta Italia, e che il regno loro non passasse Benevento, e che Roma, Ravenna, Cremona, Mantova, Padova, Monselice, Parma, Bologna, Faenza, Furlì, Cesena, parte si difendessero un tempo, parte non fussero mai da loro occupate. Perché non avere re li fece meno pronti alla guerra; e poi che rifeciono quello, diventorono, per essere stati liberi un tempo, meno ubbidienti e più atti alle discordie infra loro, la qual cosa, prima ritardò la loro vittoria, di poi, in ultimo, gli cacciò di Italia. Stando adunque i Longobardi in questi termini, i Romani e Longino ferno accordo con loro, che ciascuno posasse l'armi e godesse quello che possedeva.


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Istorie fiorentine
di Niccolò Machiavelli
pagine 526

   





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