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      E ne' tempi che i papi facevono tremare con le censure tutto il Ponente, avevono il popolo romano ribelle, né qualunque di essi aveva altro intento che torre la reputazione e la autorità l'uno all'altro. Venuto, adunque, al pontificato Niccolao II, come Gregorio V tolse ai Romani il potere creare lo imperadore, così Niccolao gli privò di concorrere alla creazione del papa, e volle che, solo la elezione di quello appartenessi ai cardinali. Né fu contento a questo, ché convenuto con quelli principi che governavano la Calavria e la Puglia, per le cagioni che poco di poi direno, costrinse tutti gli ufficiali mandati dai Romani per la loro iurisdizione a rendere ubidienzia al papa, e alcuni ne privò del loro ufizio.
     
     
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      Fu, dopo la morte di Niccolao, scisma nella Chiesa, perché il clero di Lombardia non volle prestare ubbidienza ad Alessandro II, eletto a Roma, e creò Cadolo da Parma antipapa. Errico che aveva in odio la potenzia de' pontefici, fece intendere a papa Alessandro che renunziasse al pontificato, e ai cardinali che andassero nella Magna a creare uno nuovo pontefice. Onde che fu il primo principe che cominciasse a sentire di quale importanza fussero le spirituali ferite, perché il Papa fece uno concilio a Roma, e privò Errico dello Imperio e del regno. E alcuni popoli italiani seguirono il Papa, e alcuni Errico; il che fu seme degli umori guelfi e ghibellini, acciò che la Italia, mancate le inundazioni barbare, fusse dalle guerre intestine lacerata. Errico adunque, sendo scomunicato, fu costretto da' suoi popoli a venire in Italia e, scalzo, inginocchiarsi al Papa e domandargli perdono: il che seguì l'anno 1080. Nacque nondimeno poco di poi, nuova discordia intra il Papa ed Errico; onde che il Papa di nuovo lo scomunicò, e lo Imperadore mandò il suo figliuolo, chiamato ancora Errico, con esercito, a Roma, e con lo aiuto de' Romani, che avevano in odio il Papa, lo assediò nella fortezza; onde che Ruberto Guiscardo venne di Puglia a soccorrerlo, ed Errico non lo aspettò, ma se ne tornò nella Magna.


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Istorie fiorentine
di Niccolò Machiavelli
pagine 526

   





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