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      Costoro operorono che si mandasse in Francia, e di poi nella Magna, per trarne capi e genti, per potere poi, allo arrivare loro, cacciarne il Conte governatore per il Re, ma la fortuna fece che non poterono averne alcuno. Non di meno non abbandonorono la impresa loro; e cercando di uno per adorarlo, non potendo di Francia né della Magna trarlo, lo trassono di Agobio: e avendone prima cacciato il Conte, feciono venire Lando d'Agobio per esecutore, o vero per bargello; al quale pienissima potestà sopra i cittadini dettono. Costui era uomo rapace e crudele, e andando con molti armati per la terra, la vita a questo e a quell'altro, secondo la volontà di coloro che lo avevano eletto, toglieva; e in tanta insolenzia venne, che batté una moneta falsa del conio fiorentino, sanza che alcuno opporsegli ardisse: a tanta grandezza lo avieno condotto le discordie di Firenze! Grande veramente e misera città; la quale né la memoria delle passate divisioni, né la paura di Uguccione, né l'autorità di uno Re avevano potuto tenere ferma, tanto che in malissimo stato si trovava, sendo fuora da Uguccione corsa, e dentro da Lando d'Agobio saccheggiata. Erano gli amici del Re, e contrari a Lando e suoi seguaci, famiglie nobili e popolani grandi, e tutti Guelfi; non di meno, per avere gli avversarii lo stato in mano, non potevono, se non con loro grave pericolo, scoprirsi; pure, deliberati di liberarsi da sì disonesta tirannide, scrissono secretamente al re Ruberto che facesse suo vicario in Firenze il conte Guido da Battifolle.


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Istorie fiorentine
di Niccolò Machiavelli
pagine 526

   





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