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      Fu questo Duca, come i governi suoi dimostrorono, avaro e crudele, nelle audienze difficile, nel rispondere superbo: voleva la servitù, non la benivolenza degli uomini; e per questo più di essere temuto che amato desiderava. Né era da essere meno odiosa la sua presenza, che si fussero i costumi; perché era piccolo, nero, aveva la barba lunga e rada: tanto che da ogni parte di essere odiato meritava: onde che, in termine di dieci mesi, i suoi cattivi costumi gli tolsono quella signoria che i cattivi consigli d'altri gli avevono data.
     
     
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      Questi accidenti seguiti nella città dettono animo a tutte le terre sottoposte ai Fiorentini di tornare nella loro libertà; in modo che Arezzo, Castiglione, Pistoia, Volterra, Colle, San Gimignano si ribellorono: talché Firenze, in un tratto, del tiranno e del suo dominio priva rimase, e nel recuperare la sua libertà insegnò a' subietti suoi come potessero recuperare la loro. Seguita adunque la cacciata del Duca e la perdita del dominio loro, i quattordici cittadini e il Vescovo pensorono che fusse più tosto da placare i sudditi loro con la pace che farsegli inimici con la guerra, e mostrare di essere contenti della libertà di quelli come della propria. Mandorono per tanto oratori ad Arezzo, a renunziare allo imperio che sopra quella città avessero e a fermare con quelli accordo, acciò che, poi che come sudditi non potevano, come amici della loro città si valessero. Con l'altre terre ancora in quel modo che meglio poterono convennono, pure che se le mantenessero amiche, acciò che loro liberi potessero aiutare la loro libertà mantenere.


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Istorie fiorentine
di Niccolò Machiavelli
pagine 526

   





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