Pagina (137/526)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Questo partito, prudentemente preso, ebbe felicissimo fine; perché Arezzo, non dopo molti anni, tornò sotto lo imperio de' Fiorentini, e l'altre terre, in pochi mesi, alla pristina ubbidienza si ridussono. E così si ottiene molte volte più presto e con minori pericoli e spesa le cose a fuggirle, che con ogni forza e ostinazione perseguitandole.
     
      39
     
     
      Posate le cose di fuora, si volsono a quelle di dentro, e dopo alcuna disputa fatta intra i Grandi e i popolani, conclusono che i Grandi nella Signoria la terza parte e negli altri ufici la metà avessero. Era la città, come di sopra dimostrammo, divisa a sesti, donde che sempre sei Signori, d'ogni sesto uno, si erano fatti; eccetto che, per alcuni accidenti, alcuna volta dodici o tredici se ne erano creati, ma poco di poi erano tornati a sei. Parve per tanto da riformarla in questa parte, sì per essere i sesti male distribuiti, sì perché, volendo dare la parte ai Grandi, il numero de' Signori accrescere conveniva. Divisono per tanto la città a quartieri, e di ciascuno creorono tre Signori; lasciorono indietro il gonfalonieri della giustizia e quelli delle Compagnie del popolo, e in cambio de' dodici buoni uomini, otto consiglieri, quattro di ciascuna sorte, creorono. Fermato, con questo ordine, questo governo, si sarebbe la città posata, se i Grandi fussero stati contenti a vivere con quella modestia che nella vita civile si richiede; ma eglino il contrario operavano; perché, privati, non volevono compagni, e ne' magistrati volevono essere signori; e ogni giorno nasceva qualche esemplo della loro insolenzia e superbia: la qual cosa al popolo dispiaceva; e si doleva che, per uno tiranno che era spento, n'erano nati mille.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Istorie fiorentine
di Niccolò Machiavelli
pagine 526

   





Arezzo Fiorentini Grandi Grandi Signoria Grandi Compagnie Grandi