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      Lo amore che noi portiamo, magnifici Signori, alla patria nostra ci ha fatti prima ristrignere e ora ci fa venire a voi per ragionare di quel male che si vede già grande e che tuttavia cresce in questa nostra republica, e per offerirci presti ad aiutarvi spegnerlo. Il che vi potrebbe, ancora che la impresa paia difficile, riuscire, quando voi vogliate lasciare indietro i privati rispetti e usare con le publiche forze la vostra autorità. La comune corruzione di tutte le città di Italia, magnifici Signori, ha corrotta e tuttavia corrompe la vostra città; perché, da poi che questa provincia si trasse di sotto alle forze dello Imperio, le città di quella, non avendo un freno potente che le correggessi, hanno, non come libere, ma come divise in sette, gli stati e governi loro ordinati. Da questo sono nati tutti gli altri mali, tutti gli altri disordini che in esse appariscono. In prima non si truova intra i loro cittadini né unione né amicizia, se non intra quelli che sono di qualche sceleratezza, o contro alla patria o contro ai privati commessa, consapevoli. E perché in tutti la religione e il timore di Dio è spento, il giuramento e la fede data tanto basta quanto l'utile: di che gli uomini si vagliano, non per osservarlo, ma perché sia mezzo a potere più facilmente ingannare; e quanto lo inganno riesce più facile e securo, tanta più gloria e loda se ne acquista: per questo gli uomini nocivi sono come industriosi lodati e i buoni come sciocchi biasimati. E veramente in nelle città di Italia tutto quello che può essere corrotto e che può corrompere altri si raccozza: i giovani sono oziosi, i vecchi lascivi, e ogni sesso e ogni età è piena di brutti costumi; a che le leggi buone, per essere da le cattive usanze guaste, non rimediano.


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Istorie fiorentine
di Niccolò Machiavelli
pagine 526

   





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