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      Né si credette per molti che mai alcuna cagione di scandolo o di parte nascesse più in Firenze sendo posto freno a quelli che per la loro superbia e insopportabile ambizione pareva che ne fussero cagione; ma e' si vede ora per esperienza quanto la opinione degli uomini è fallace e il giudizio falso; perché la superbia e ambizione de' Grandi non si spense, ma da' nostri popolani fu loro tolta i quali ora, secondo l'uso degli uomini ambiziosi, di ottenere il primo grado nella republica cercano; né avendo altri modi ad occuparlo che le discordie, hanno di nuovo divisa la città, e il nome guelfo e ghibellino, che era spento, e che era bene non fusse mai stato in questa republica, risuscitano. Egli è dato di sopra, acciò che nelle cose umane non sia nulla o perpetuo o quieto, che in tutte le republiche sieno famiglie fatali, le quali naschino per la rovina di quelle. Di queste la republica nostra, più che alcuna altra, è stata copiosa, perché non una, ma molte, l'hanno perturbata e afflitta, come feciono i Buondelmonti prima e Uberti, di poi i Donati e i Cerchi; e ora, oh cosa vergognosa e ridicula! i Ricci e gli Albizzi la perturbono e dividono. Noi non vi abbiamo ricordati i costumi corrotti e le antiche e continue divisioni nostre per sbigottirvi, ma per ricordarvi le cagioni di esse e dimostrarvi che, come voi ve ne potete ricordare, noi ce ne ricordiamo e per dirvi che lo esemplo di quelle non vi debbe fare diffidare di potere frenare queste. Perché in quelle famiglie antiche era tanta grande la potenza, e tanti grandi i favori che le avevano dai principi, che gli ordini e modi civili a frenarle non bastavano; ma ora che lo Imperio non ci ha forze, il papa non si teme, e che la Italia tutta e questa città è condotta in tanta ugualità che per lei medesima si può reggere, non ci è molta difficultà. E questa nostra republica massimamente si può, non ostante gli antichi esempli che ci sono in contrario, non solamente mantenere unita, ma di buoni costumi e civili modi riformare, pure che Vostre Signorie si disponghino a volerlo fare.


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Istorie fiorentine
di Niccolò Machiavelli
pagine 526

   





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