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      Ammunirono costoro il collegio, ma non successe loro impedir Salvestro, perché, scoperte dagli Otto le cagioni, che lo scambio non si ritraesse operorono. Fu tratto per tanto gonfaloniere Salvestro di messer Alamanno de' Medici. Costui, nato di nobilissima famiglia popolana che il popolo fussi da pochi potenti oppresso sopportare non poteva, e avendo pensato di porre fine a questa insolenza, vedendosi il popolo favorevole e di molti nobili popolani compagni, comunicò i disegni suoi con Benedetto Alberti, Tomaso Strozzi e messer Giorgio Scali, i quali per condurgli ogni aiuto gli promissono. Fermorono adunque secretamente una legge, la quale innovava gli ordini della giustizia contro ai Grandi, e l'autorità de' Capitani di parte diminuiva, e a gli ammuniti dava modo di potere essere alle dignità rivocati. E perché quasi in un medesimo tempo si esperimentasse e ottenesse, avendosi prima infra i Collegi e di poi ne' Consigli a deliberare, e trovandosi Salvestro proposto (il quale grado, quel tempo che dura, fa uno quasi che principe della città), fece in una medesima mattina il Collegio e il Consiglio ragunare; e a' Collegi prima, divisi da quello, prepose la legge ordinata: la quale, come cosa nuova, trovò, in nel numero di pochi tanto disfavore che la non si ottenne. Onde che, veggendo Salvestro come gli erano tagliate le prime vie ad ottenerla, finse di partirsi del luogo per sue necessità, e senza che altri se ne accorgesse, ne andò in Consiglio; e salito alto, donde ciascuno lo potesse vedere e udire, disse come e' credeva essere stato fatto gonfaloniere, non per essere giudice di cause private, che hanno i loro giudici ordinari, ma per vigilare lo stato, correggere la insolenza de' potenti e temperare quelle leggi per lo uso delle quali si vedesse la republica rovinare; e come ad ambedue queste cose aveva con diligenzia pensato e, in quanto gli era stato possibile, proveduto; ma la malignità degli uomini in modo alle giuste sue imprese si opponeva, che a lui era tolta la via di potere operare bene, e a loro, non che di poterlo deliberare, ma di udirlo.


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Istorie fiorentine
di Niccolò Machiavelli
pagine 526

   





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