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      Questo sospetto adunque, crescendo, faceva crescere le ingiurie; le quali non lo spegnevano, ma accrescevano; in modo che per la maggiore parte degli uomini si viveva in malissima contentezza. A che la insolenzia di messer Giorgio Scali e di messer Tommaso Strozzi si aggiugneva; i quali con la autorità loro quella de' magistrati superavano, temendo ciascuno di non essere da loro, con il favore della plebe, oppresso. E non solamente a' buoni, ma ai sediziosi pareva quel governo tirannico e violento. Ma perché la insolenzia di messer Giorgio qualche volta doveva avere fine, occorse che da uno suo familiare fu Giovanni di Cambio, per avere contro allo stato tenute pratiche, accusato; il quale da il Capitano fu trovato innocente; tale che il giudice voleva punire lo accusatore di quella pena che sarebbe stato punito il reo se si trovava colpevole; e non potendo messer Giorgio con prieghi né con alcuna sua autorità salvarlo, andò egli e messer Tommaso Strozzi, con moltitudine di armati, e per forza lo liberorono, e il palagio del Capitano saccheggiorono, e quello volendo salvarsi, a nascondersi constrinsono. Il quale atto riempié la città di tanto odio contro a di lui, che i suoi nimici pensorono di poterlo spegnere e di trarre la città, non solamente delle sue mani, ma di quelle della plebe, la quale tre anni, per la arroganza sua, l'aveva soggiogata. Di che dette ancora il Capitano grande occasione: il quale, cessato il tumulto, se ne andò a' Signori, e disse come era venuto volentieri a quello ufizio al quale loro Signorie lo avevano eletto, perché pensava avere a servire uomini giusti e che pigliassero l'armi per favorire, non per impedire, la giustizia; ma poi che gli aveva veduti e provati i governi della città e il modo del vivere suo, quella dignità che volentieri aveva presa per acquistare utile e onore, volentieri la rendeva loro per fuggire pericolo e danno.


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Istorie fiorentine
di Niccolò Machiavelli
pagine 526

   





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