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      Tirato adunque messer Benedetto e i capi delle Arti alla loro volontà, e provedutosi di armi, fu preso messer Giorgio, e messer Tommaso fuggì. E l'altro giorno poi fu messer Giorgio con tanto terrore della parte sua decapitato, che niuno si mosse, anzi ciascuno a gara alla sua rovina concorse. Onde che, vedendosi quello venire a morte davanti a quel popolo che poco tempo innanzi lo aveva adorato, si dolfe della malvagia sorte sua e della malignità de' cittadini, i quali, per averlo ingiuriato a torto, lo avessero a favorire e onorare una moltitudine constretto, dove non fusse né fede né gratitudine alcuna. E ricognoscendo intra gli armati messer Benedetto Alberti, gli disse: - E tu, messer Benedetto, consenti che a me sia fatta quella ingiuria che, se io fussi costì non permetterei mai che la fusse fatta a te? Ma io ti annunzio che questo dì è fine del male mio e principio del tuo -. Dolfesi di poi di se stesso, avendo confidato troppo in uno popolo il quale ogni voce, ogni atto, ogni sospizione muove e corrompe. E con queste doglienze morì, in mezzo ai suoi nimici armati e della sua morte allegri. Furono morti, dopo quello, alcuni de' suoi più stretti amici, e dal popolo strascinati.
     
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      Questa morte di questo cittadino commosse tutta la città, perché nella esecuzione di quella molti presono l'arme per fare alla Signoria e al Capitano del popolo favore; molti altri ancora, o per loro ambizione, o per propri sospetti la presono. E perché la città era piena di diversi umori, ciascuno vario fine aveva, e tutti, avanti che l'armi si posassero, di conseguirli desideravano.


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Istorie fiorentine
di Niccolò Machiavelli
pagine 526

   





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