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      Chiamò messer Benedetto, avanti al suo partire, tutti i suoi consorti, e veggendogli mesti e pieni di lacrime, disse loro: - Voi vedete, padri e maggiori miei, come la fortuna ha rovinato me e minacciato voi di che né io mi maraviglio, né voi vi dovete maravigliare, perché sempre così avvenne a coloro i quali intra molti cattivi vogliono essere buoni, e che vogliono sostenere quello che i più cercono di rovinare. Lo amore della mia patria mi fece accostare a messer Salvestro de' Medici e di poi da messer Giorgio Scali discostare; quello medesimo mi faceva i costumi di questi che ora governono odiare; i quali, come ei non avevono chi gli gastigasse non hanno ancora voluto chi gli riprenda. E io sono contento, con il mio esilio, liberargli da quello timore che loro avevono, non di me solamente, ma di qualunque sanno che conosce i tirannici e scelerati modi loro; e per ciò hanno, con le battiture mie, minacciato gli altri. Di me non mi incresce, perché quelli onori che la patria libera mi ha dati la serva non mi può torre; e sempre mi darà maggiore piacere la memoria della passata vita mia, che non mi darà dispiacere quella infelicità che si tirerà drieto il mio esilio. Duolmi bene che la mia patria rimanga in preda di pochi, e alla loro superbia e avarizia sottoposta; duolmi di voi, perché io dubito che quelli mali che finiscono oggi in me e cominciono in voi, con maggiori danni che non hanno perseguitato me non vi perseguino. Confortovi adunque a fermare l'animo contro ad ogni infortunio, e portarvi in modo che, se cosa alcuna avversa vi avviene, che ve ne avverranno molte, ciascuno cognosca, innocentemente e sanza vostra colpa esservi avvenute -. Di poi, per non dare di sé minore opinione di bontà fuora, che si avesse data in Firenze, se ne andò al Sepulcro di Cristo, dal quale tornando morì a Rodi.


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Istorie fiorentine
di Niccolò Machiavelli
pagine 526

   





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