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      Rimasi adunque d'accordo della cosa, ne andorono al Palagio, dove si posava il Signore, e fermisi parte di loro da basso, messer Arcolano con tre di loro salì in su la sala, e trovato quello con alcuni cittadini, lo tirò da parte, come se gli volesse ragionare di alcuna cosa importante; e d'un ragionamento in un altro, lo condusse in camera, dove egli e quelli che erano seco con le spade lo assalirono. Né furono però sì presti che non dessero commodità a Giusto di porre mano all'arme sua; il quale, prima che lo ammazzassero, ferì gravemente duoi di loro; ma non potendo alfine resistere a tanti, fu morto e gittato a terra del Palazzo. E prese le armi, quelli della parte di messer Arcolano dettono la città ai commissari fiorentini, che con le genti vi erano propinqui; i quali, senza fare altri patti, entrorono in quella. Di che ne seguì che Volterra peggiorò le sue condizioni, perché, intra le altre cose, le smembrorono la maggiore parte del contado e ridussollo in vicariato.
     
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      Perduta adunque quasi che in un tratto e racquistata Volterra, non si vedeva cagione di nuova guerra, se l'ambizione degli uomini non la avesse di nuovo mossa. Aveva militato assai tempo per la città di Firenze, nelle guerre del Duca, Niccolò Fortebraccio, nato d'una sirocchia di Braccio da Perugia. Costui, venuta la pace, fu da' Fiorentini licenziato, e quando e' venne il caso di Volterra si trovava ancora alloggiato a Fucecchio, onde che i commissari, in quella impresa, si valsono di lui e delle sue genti.


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Istorie fiorentine
di Niccolò Machiavelli
pagine 526

   





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