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      I Fiorentini, veggendo questa rovina, ricorsono a quelli rimedi che molte volte gli avevano salvati, sapiendo come, con i soldati mercenari, dove le forze non bastavano giovava la corruzione, e però profersono al Conte danari, e quello, non solamente si partisse, ma desse loro la terra. Il Conte, parendogli non potere trarre più danari da Lucca, facilmente si volse a trarne da quelli che ne avevano; e convenne con i Fiorentini, non di dare loro Lucca, che per onestà non lo volle consentire, ma di abbandonarla, quando gli fusse dato cinquantamila ducati. E fatta questa convenzione, acciò che il popolo di Lucca apresso al Duca lo scusasse, tenne mano con quello che i Lucchesi cacciassero il loro Signore.
     
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      Era in Lucca, come di sopra dicemmo, messer Antonio del Rosso, ambasciadore sanese. Costui, con la autorità del Conte, praticò con i cittadini la rovina di Pagolo. Capi della congiura furono Piero Cennami e Giovanni da Chivizzano. Trovavasi il Conte alloggiato fuora della terra, in sul Serchio, e con lui era Lanzilao, figliuolo del Signore. Donde i congiurati, in numero di quaranta, di notte, armati, andorono a trovare Pagolo; al romore de' quali fattosi incontro tutto attonito, domandò della cagione della venuta loro. Al quale Piero Cennami disse come loro erano stati governati da lui più tempo, e condotti, con i nimici intorno, a morire di ferro e di fame; e però erano deliberati per lo avvenire, di volere governare loro. E gli domandorono le chiavi della città e il tesoro di quella.


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Istorie fiorentine
di Niccolò Machiavelli
pagine 526

   





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