Pagina (248/526)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      E se voi disegnassi di farlo morire, non mai per via de' magistrati vi riuscirà, perché i danari suoi, gli animi vostri corruttibili, sempre lo salveranno. Ma poniamo che muoia, o cacciato non torni: io non veggo che acquisto ci facci dentro la nostra republica; perché, se la si libera da Cosimo, la si fa serva a messer Rinaldo; e io, per me, sono uno di quelli che desidero che niuno cittadino di potenza e di autorità superi l'altro; ma quando alcuno di questi duoi avesse a prevalere, io non so quale cagione mi facesse amare più messer Rinaldo che Cosimo. Né ti voglio dire altro, se non che Dio guardi questa città che alcuno suo cittadino ne diventi principe; ma quando pure i peccati nostri lo meritassero, la guardi di avere ad ubbidire a lui. Non volere dunque consigliare che si pigli uno partito che da ogni parte sia dannoso; né credere, accompagnato da pochi, potere opporti alla voglia di molti: perché tutti questi cittadini, parte per ignoranza, parte per malizia, sono a vendere questa republica apparecchiati; ed è in tanto la fortuna loro amica, ch'eglino hanno trovato il comperatore. Governati per tanto per il mio consiglio: attendi a vivere modestamente; e arai, quanto alla libertà, così a sospetto quelli della parte nostra, come quelli della avversa, e quando travaglio alcuno nasca, vivendo neutrale, sarai a ciascuno grato; e così gioverai a te, e non nocerai alla tua patria.
     
      28
     
     
      Queste parole raffrenorono alquanto lo animo del Barbadoro, in modo che le cose stettono quiete quanto durò la guerra di Lucca; ma seguita la pace, e con quella la morte di Niccolò da Uzano, rimase la città sanza guerra e sanza freno.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Istorie fiorentine
di Niccolò Machiavelli
pagine 526

   





Cosimo Rinaldo Rinaldo Cosimo Dio Barbadoro Lucca Niccolò Uzano