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      Questa vittoria sbigottì tutti i principi che in Italia temevono la potenza di Filippo, perché giudicavano avesse grandissima occasione di insignorirsi del tutto. Ma egli (tanto sono diverse le opinioni degli uomini) prese partito al tutto a questa opinione contrario. Era Alfonso uomo prudente, e, come prima poté parlare a Filippo, gli dimostrò quanto ei s'ingannava a favorire Rinieri e disfavorire lui, perché Rinieri, diventato re di Napoli, aveva a fare ogni sforzo perché Milano diventassi del re di Francia, per avere gli aiuti propinqui e non avere a cercare ne' suoi bisogni, che gli fusse aperta la via a suoi soccorsi; né poteva altrimenti di questo assicurarsi, se non con la sua rovina, facendo diventare quello stato franzese. E che al contrario interverrebbe quando esso ne diventassi principe; perché, non temendo altro nimico che i Franzesi, era necessitato amare e carezzare e, non che altro, ubbidire a colui che a suoi nimici poteva aprire la via; e per questo il titolo del Regno verrebbe ad essere appresso ad Alfonso, ma l'autorità e la potenza appresso di Filippo. Sì che molto più a lui che a sé apparteneva considerare i pericoli dell'uno partito e l'utilità dell'altro, se già e' non volesse più tosto sodisfare ad uno suo appetito, che assicurarsi dello stato; perché nell'uno caso e' sarebbe principe e libero, nell'altro, sendo in mezzo di duoi potentissimi principi, o ei perderebbe lo stato, o e' viverebbe sempre in sospetto, e come servo arebbe ad ubbidire a quelli.


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Istorie fiorentine
di Niccolò Machiavelli
pagine 526

   





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