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      Seguita che fu la pace intra i Lucchesi e i Fiorentini, e intra il Duca e il Conte, si credeva che facilmente si potessero l'armi di Italia, e massimamente quelle che la Lombardia e la Toscana infestavano, posare; perché quelle che nel regno di Napoli intra Rinato d'Angiò e Alfonso d'Aragona erano mosse, conveniva che per la rovina d'uno de' dua si posassero. E benché il Papa restasse malcontento per avere molte delle sue terre perdute, e che si cognoscesse quanta ambizione era nel Duca e ne' Viniziani, non di meno si stimava che il Papa per necessità, e gli altri per stracchezza, dovessero fermarsi. Ma la cosa procedette altrimenti, perché né il Duca né i Viniziani quietorono; donde ne seguì che di nuovo si ripresono le armi, e la Lombardia e la Toscana di guerra si riempierono. Non poteva lo altero animo del Duca che i Viniziani possedessero Bergamo e Brescia sopportare, e tanto più veggendoli in su l'armi e ogni giorno il suo paese in molte parti scorrere e perturbare; e pensava potere non solamente tenergli in freno, ma riacquistare le sue terre, qualunque volta da il Papa, dai Fiorentini e dal Conte ei fussero abbandonati. Per tanto egli disegnò di torre la Romagna al Pontefice giudicando che, avuta quella, il Papa non lo potrebbe offendere, e i Fiorentini, veggendosi il fuoco appresso, o eglino non si moverebbono per paura di loro, o se si movessino, non potrebbono commodamente assalirlo. Era ancora noto al Duca lo sdegno de' Fiorentini per le cose di Lucca, contro a' Viniziani e per questo gli giudicava meno pronti a pigliare l'armi per loro.


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Istorie fiorentine
di Niccolò Machiavelli
pagine 526

   





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