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      Il Conte, veggendosi impedita la via del piano, giudicò potere andare per i monti, e per quella via accostarsi a Verona, pensando che Niccolò, o non credessi che facessi quel cammino, sendo aspro e alpestre, o, quando lo credesse, non fussi a tempo ad impedirlo; e proveduta vettovaglia per otto giorni, passò con le sue genti la montagna, e sotto Soave arrivò nel piano. E benché da Niccolò fussero state fatte alcune bastie per impedire ancora quella via al Conte, non di meno non furono sufficienti a tenerlo. Niccolò adunque, veggendo il nimico, fuora d'ogni sua credenza, passato per non venire seco con disavvantaggio a giornata, si ridusse di là dallo Adice; e il Conte, sanza alcuno ostaculo, entrò in Verona.
     
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      Vinta per tanto felicemente da il Conte la prima fatica, di aver libera dallo assedio Verona, restava la seconda, di soccorrere Brescia. È questa città in modo propinqua al lago di Garda che, benché la fusse assediata per terra, sempre per via del lago se le potrebbe sumministrare vettovaglie. Questo era stato cagione che il Duca si era fatto forte in sul lago e nel principio delle vittorie sue aveva occupate tutte quelle terre che, mediante il lago, potevano a Brescia porgere aiuto. I Viniziani ancora vi avevano galee; ma a combattere con le genti del Duca non erano bastanti. Giudicò per tanto il Conte necessario dare favore con le genti di terra alla armata viniziana, perché sperava che facilmente si potessino acquistare quelle terre che tenevono affamata Brescia.


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Istorie fiorentine
di Niccolò Machiavelli
pagine 526

   





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