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      E tanto più ne dubitavano parendo loro la partita di Niccolò di Lombardia importuna, lasciando una impresa quasi vinta, per entrare in una al tutto dubia; il che non credevono sanza qualche nuova intelligenza o nascoso inganno facesse. Di questo loro sospetto avevano avvertito il Papa, il quale aveva già conosciuto lo errore suo per avere dato ad altri troppa autorità. Ma in mentre che i Fiorentini stavano così sospesi la fortuna mostrò loro la via come si potessero del Patriarca assicurare. Teneva quella republica in tutti i luoghi diligenti esploratori di quelli che portavano lettere, per scoprire se alcuno contro allo stato loro alcuna cosa ordinasse. Occorse che a Montepulciano furono prese lettere le quali il Patriarca scriveva, sanza consenso del Pontefice, a Niccolò Piccino; le quali subito il magistrato preposto alla guerra presentò al Papa. E benché le fussero scritte con non consueti caratteri, e il senso di loro implicato in modo che non se ne potesse trarre alcuno specificato sentimento, non di meno questa oscurità, con la pratica del nimico, messe tanto sospetto nel Pontefice, che deliberò di assicurarsene, e la cura di questa impresa ad Antonio Rido da Padova, il quale era alla guardia del castello di Roma preposto, dette. Costui, come ebbe la commissione, parato ad ubbidire, che venisse la occasione aspettava. Aveva il Patriarca deliberato passare in Toscana; e volendo il dì seguente partire di Roma significò al Castellano che la mattina fusse sopra il ponte del castello, perché, passando, gli voleva di alcuna cosa ragionare.


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Istorie fiorentine
di Niccolò Machiavelli
pagine 526

   





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