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      Erano adunque le promesse de' Viniziani grandi, e i meriti loro grandissimi, avendo mosso quella guerra per salvare Cremona al Conte; e dall'altra parte le ingiurie del Duca erano fresche, e le sue promesse infedeli e deboli. Pure non di meno stava dubio il Conte di qual partito dovessi prendere: perché dall'uno canto l'obligo della lega, la fede data, i meriti freschi e le promesse delle cose future lo movevano; dall'altro i prieghi del suocero, e sopra tutto il veleno che dubitava che sotto le grandi promesse de' Viniziani si nascondesse; giudicando dovere stare, e delle promesse e dello stato, qualunque volta avessero vinto, a loro discrezione; alla quale niuno prudente principe non mai, se non per necessità, si rimisse. Queste difficultà di risolversi al Conte furono dalla ambizione de' Viniziani tolte via: i quali, avendo speranza di occupare Cremona per alcune intelligenzie avieno in quella città, sotto altro colore vi fecero appressare le loro genti. Ma la cosa si scoprì da quelli che per il Conte la guardavano; e riuscì il loro disegno vano; per che non acquistorono Cremona, e il Conte perderono; il quale, posposti tutti i rispetti, si accostò al Duca.
     
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      Era morto papa Eugenio, e creato per suo successore Niccola V, e il Conte aveva già tutto lo esercito a Cutignuola per passare in Lombardia, quando gli venne avviso Filippo essere morto, che correva l'anno 1447, all'ultimo di agosto. Questa nuova riempié di affanni il Conte; perché non gli pareva che le sue genti fussero ad ordine, per non avere avuto lo intero pagamento; temeva de' Viniziani, per essere in su l'armi e suoi nimici, avendo di fresco lasciati quelli e accostatosi al Duca; temeva di Alfonso, suo perpetuo nimico; non sperava nel Papa né ne' Fiorentini: in questi, per essere collegati con i Viniziani; in quello, per essere delle terre della Chiesa possessore.


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Istorie fiorentine
di Niccolò Machiavelli
pagine 526

   





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