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      Tanto che in Firenze si ferono assai limosine, assai ancora si segnorono d'una croce rossa, per essere presti con la persona a quella guerra, fecionsi ancora solenne processioni, né si mancò, per il publico e per il privato, di mostrare di volere essere intra i primi cristiani, con il consiglio, con i danari e con gli uomini, a tale impresa. Ma questa caldezza della cruciata fu raffrenata alquanto da una nuova che venne, come, sendo il Turco con lo esercito suo intorno a Belgrado per espugnarlo, castello posto in Ungheria sopra il fiume del Danubio, era stato dagli Ungheri rotto e ferito. Talmente che, essendo nel Pontefice e ne' cristiani cessata quella paura ch' eglino avieno per la perdita di Gostantinopoli conceputa, si procedé nelle preparazioni che si facevano per la guerra più tepidamente; e in Ungheria medesimamente, per la morte di Giovanni Vaivoda, capitano di quella vittoria, raffreddorono.
     
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      Ma tornando alle cose di Italia, dico come e' correva l'anno 1456, quando i tumulti mossi da Iacopo Piccinino finirono, donde che, posate le armi dagli uomini, parve che Iddio le volessi prendere egli, tanta fu grande una tempesta di venti che allora seguì, la quale in Toscana fece inauditi per lo adietro e a chi per lo avvenire lo intenderà maravigliosi e memorabili effetti. Partissi a' 24 d'agosto, una ora avanti giorno, dalle parti del mare di sopra di verso Ancona, e attraversando per la Italia, entrò nel mare di sotto verso Pisa, un turbine d'una nugolaglia grossa e folta, la quale quasi che due miglia di spazio per ogni verso occupava.


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Istorie fiorentine
di Niccolò Machiavelli
pagine 526

   





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