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      De' quali duoi remedi questo ultimo elesse; perché sapeva bene che in tale modo di governo, per essere le borse piene di suoi amici, egli non correva alcuno pericolo, e come a sua posta poteva il suo stato ripigliare. Riduttasi per tanto la città a creare i magistrati a sorte, pareva alla universalità de' cittadini avere riavuta la sua libertà, e i magistrati, non secondo la voglia de' potenti, ma secondo il giudicio loro proprio giudicavano; in modo che ora uno amico d'uno potente, ora quello d'uno altro era battuto, e così quelli che solevano vedere le case loro piene di salutatori e di presenti, vote di sustanze e di uomini le vedevano. Vedevonsi ancora diventati uguali a quelli che solevono avere di lunga inferiori, e superiori vedevano quelli che solevono essere loro eguali. Non erano riguardati né onorati, anzi molte volte beffati e derisi, e di loro e della republica per le vie e per le piazze sanza alcuno riguardo si ragionava; di qualità che cognobbono presto, non Cosimo, ma loro avere perduto lo stato. Le quali cose Cosimo dissimulava, e come e' nasceva alcuna deliberazione che piacessi al popolo, ed egli era il primo a favorirla. Ma quello che fece più spaventare i Grandi, e a Cosimo dette maggiore occasione a farli ravvedere fu che si risuscitò il modo del catasto del 1427, dove, non gli uomini, ma le leggi le gravezze ponesse.
     
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      Questa legge vinta, e di già fatto il magistrato che la esequisse, li fé al tutto ristrignere insieme, e ire a Cosimo, a pregarlo che fusse contento volere trarre loro e sé delle mani della plebe, e rendere allo stato quella riputazione che faceva lui potente e loro onorati.


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Istorie fiorentine
di Niccolò Machiavelli
pagine 526

   





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