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      La qual cosa sbigottì Iacopo Piccinino, il quale con le sue genti si trovava a Solmona; e per torre occasione al Re di opprimerlo, tenne pratica con il duca Francesco, per mezzo de' suoi amici, di riconciliarsi con quello; e avendogli il Duca fatte quante offerte potette maggiori, deliberò Iacopo rimettersi nelle braccia sua, e lo andò, accompagnato da cento cavagli, a trovare a Milano.
     
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      Aveva Iacopo sotto il padre e con il fratello militato gran tempo, prima per il duca Filippo e di poi per il popolo di Milano, tanto che, per la lunga conversazione, aveva in Milano amici assai e universale benivolenza; la quale le presenti condizioni avevano accresciuta perché agli Sforzeschi la prospera fortuna e la presente potenza aveva partorito invidia, e a Iacopo le cose avverse e la lunga assenza avevano in quel popolo generato misericordia, e di vederlo grandissimo desiderio. Le quali cose tutte apparsono nella venuta sua, perché pochi rimasono della nobilità che non lo incontrassero, e le strade donde ei passò di quelli che desideravano vederlo erano ripiene; il nome della gente sua per tutto si gridava. I quali onori affrettorono la sua rovina, perché al Duca crebbe, con il sospetto, il desiderio di spegnerlo. E per poterlo più copertamente fare, volle che celebrasse le nozze con Drusiana sua figliuola naturale, la quale più tempo innanzi gli aveva sposata; di poi convenne con Ferrando lo prendesse a' suoi soldi con titulo di capitano delle sue genti e centomila fiorini di provisione.


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Istorie fiorentine
di Niccolò Machiavelli
pagine 526

   





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