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      Nondimeno non vi morì alcuno: solo vi furno alcuni cavagli feriti, e certi prigioni da ogni parte presi. Era già venuto il verno e il tempo che gli eserciti erano consueti ridursi alle stanze, per tanto messer Bartolomeo si ritirò verso Ravenna, le genti fiorentine in Toscana; quelle del Re e del Duca ciascuna negli stati de' loro signori si ridussono. Ma da poi che per questo assalto non si era sentito alcuno moto in Firenze, secondo che i rebelli fiorentini avieno promesso, e mancando il soldo alle genti condotte, si trattò l'accordo, e dopo non molte pratiche fu concluso. Per tanto i rebelli fiorentini, privi d'ogni speranza, in varii luoghi si partirono: messer Dietisalvi si ridusse a Ferrara, dove fu dal marchese Borso ricevuto e nutrito; Niccolò Soderini se ne andò a Ravenna, dove con una piccola provisione avuta da' Viniziani invecchiò e morì. Fu costui tenuto uomo giusto e animoso, ma nel risolversi dubio e lento, il che fece che, gonfaloniere di giustizia, ei perdé quella occasione del vincere che di poi, privato, volle racquistare e non potette.
     
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      Seguita la pace, quelli cittadini che erano rimasi in Firenze superiori non parendo loro avere vinto, se con ogni ingiuria, non solamente i nimici, ma i sospetti alla parte loro non affliggevano, operorono con Bardo Altoviti, che sedeva gonfaloniere di giustizia, che di nuovo a molti cittadini togliessi gli onori, a molti altri la città. La qual cosa crebbe a loro potenza, e agli altri spavento; la qual potenza sanza alcuno rispetto esercitavano, e in modo si governavano, che pareva che Iddio e la fortuna avesse dato loro quella città in preda.


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Istorie fiorentine
di Niccolò Machiavelli
pagine 526

   





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