Pagina (436/526)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Non di meno, per sgravare la sua conscienza, e per vedere se poteva farli vergognare, gli chiamò tutti in casa, e parlò loro in questa sentenza: - Io non arei mai creduto che potesse venire tempo che i modi e costumi degli amici mi avessero a fare amare e desiderare i nimici, e la vittoria la perdita; perché io mi pensava avere in compagnia uomini che nelle cupidità loro avessero qualche termine o misura, e che bastasse loro vivere nella loro patria securi e onorati, e di più, de' loro nimici vendicati. Ma io cognosco ora come io mi sono di gran lunga ingannato, come quello che cognosceva poco la naturale ambizione di tutti gli uomini, e meno la vostra: perché non vi basta essere in tanta città principi e avere voi pochi quegli onori, dignità e utili de' quali già molti cittadini si solevono onorare; non vi basta avere intra voi divisi i beni de' nimici vostri; non vi basta potere tutti gli altri affliggere con i publici carichi, e voi, liberi da quelli, avere tutte le publiche utilità; che voi con ogni qualità di ingiuria ciascheduno affliggete. Voi spogliate de' suoi beni il vicino, voi vendete la giustizia, voi fuggite i giudicii civili, voi oppressate gli uomini pacifici, e gli insolenti esaltate. Né credo che sia in tutta Italia tanti esempli di violenza e di avarizia, quanti sono in questa città. Dunque questa nostra patria ci ha dato la vita perché noi la togliamo a lei? ci ha fatti vittoriosi perché noi la distruggiamo? ci onora perché noi la vituperiamo? Io vi prometto per quella fede che si debbe dare e ricevere dagli uomini buoni, che, se voi seguiterete di portarvi in modo che io mi abbi a pentire di avere vinto, io ancora mi porterò in maniera che voi vi pentirete di avere male usata la vittoria.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Istorie fiorentine
di Niccolò Machiavelli
pagine 526

   





Italia