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      Non di meno volle parlare con Francesco, e non ve lo trovando, perché era ito a Lucca, parlò con messer Iacopo, e trovollo nel principio molto alieno dalla cosa: non di meno, avanti partisse, l'autorità del Papa lo mosse alquanto, e per ciò disse a Giovan Batista che andasse in Romagna e tornasse, e che intanto Francesco sarebbe in Firenze, e allora più particularmente della cosa ragionerebbono. Andò e tornò Giovan Batista, e con Lorenzo de' Medici seguitò il simulato ragionamento delle cose del Conte; di poi con messer Iacopo e Francesco de' Pazzi si ristrinse; e tanto operorono, che messer Iacopo acconsentì alla impresa. Ragionorono del modo. A messer Iacopo non pareva che fusse riuscibile sendo ambedui i frategli in Firenze; e per ciò si aspettasse che Lorenzo andasse a Roma, come era fama che voleva andare, e allora si esequisse la cosa. A Francesco piaceva che Lorenzo fusse a Roma; non di meno, quando bene non vi andasse, affermava che o a nozze, o a giuoco, o in chiesa, ambiduoi i frategli si potevono opprimere. E circa gli aiuti forestieri, gli pareva che il Papa potesse mettere gente insieme per la impresa del castello di Montone, avendo giusta cagione di spogliarne il conte Carlo, per avere fatti i tumulti già detti nel Sanese e nel Perugino. Non di meno non si fece altra conclusione, se non che Francesco de' Pazzi e Giovan Batista ne andassero a Roma, e quivi con il Conte e con il Papa ogni cosa concludessero. Praticossi di nuovo a Roma questa materia; e in fine si concluse, sendo la impresa di Montone resoluta, che Giovanfrancesco da Tolentino, soldato del Papa, ne andasse in Romagna, e messer Lorenzo da Castello nel paese suo, e ciascheduno di questi, con le genti del paese, tenessero le loro compagnie ad ordine per fare quanto da l'Arcivescovo de' Salviati e Francesco de' Pazzi fusse loro ordinato, i quali con Giovan Batista da Montesecco se ne venissero a Firenze dove provedessero a quanto fusse necessario per la esecuzione della impresa; alla quale il re Ferrando, mediante il suo oratore, prometteva qualunque aiuto.


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Istorie fiorentine
di Niccolò Machiavelli
pagine 526

   





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