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      Ubbidì il Conte, sanza alcuno sospetto; e arrivato dal Duca, fu fatto prigione da quello e mandato a Napoli. Questa cosa, come fu nota all'Aquila, alterò tutta quella città; e prese popularmente l'arme, fu morto Antonio Concinello, commissario del Re, e con quello alcuni cittadini i quali erano cognosciuti a quella maestà partigiani. E per avere gli Aquilani chi nella rebellione gli difendesse, rizzorono le bandiere della Chiesa, e mandorono oratori al Papa, a dare la città e loro, pregando quello che, come cosa sua, contra alla regia tirannide gli aiutasse. Prese il Pontefice animosamente la loro difesa, come quello che per cagioni private e publiche odiava il Re; e trovandosi il signore Ruberto da San Severino nimico dello stato di Milano e senza soldo, lo prese per suo capitano, e lo fece con massima celerità venire a Roma. Sollecitò, oltre di questo, tutti gli amici e parenti del conte di Montorio, che contro al Re si ribellassero: tale che il principe d'Altemura, di Salerno e di Bisignano presono l'armi contro a quello. Il Re, veggendosi da sì subita guerra assalire, ricorse a' Fiorentini e al duca di Milano per aiuti. Stettero i Fiorentini dubi di quello dovessero fare; perché e' pareva loro difficile il lasciare, per le altrui, le imprese loro; e pigliare di nuovo l'arme contro alla Chiesa pareva loro pericoloso. Non di meno, sendo in lega, preposono la fede alle commodità e pericoli loro, e soldorono gli Orsini; e di più mandorono tutte le loro genti, sotto il conte di Pitigliano, verso Roma, al soccorso del Re. Fece per tanto quel Re duoi campi: l'uno, sotto il duca di Calavria, mandò verso Roma, il quale, insieme con le genti fiorentine, allo esercito della Chiesa si opponesse; con l'altro, sotto il suo governo, si oppose a' Baroni; e nell'una e nell'altra parte fu travagliata questa guerra con varia fortuna.


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Istorie fiorentine
di Niccolò Machiavelli
pagine 526

   





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